Un giorno senza Alitalia: il Paese disconnesso
Ecco cosa accadrebbe nei primi giorni se la compagnia dovesse fallire: niente voli tra Roma e il Nord-Est dell’Italia, stop ai collegamenti diretti con il Brasile.
È il 9 marzo 2020. Il giorno prima, una domenica, il governo si è arreso: per Alitalia non c’è alcuna speranza. La compagnia va chiusa. I dipendenti mandati a casa.
Gli aerei lasciati a terra. Quelli a noleggio restituiti ai proprietari. I passeggeri vanno riprotetti — se possibile — su altri vettori per voli diretti alternativi. Ma non può essere così per tutti. Su alcune tratte opera solo Alitalia. Come la Roma-Trieste. O la Roma-Trapani. O la Roma-Genova. O la Roma-Rio de Janeiro.
O la Milano Linate-Perugia. O la Milano Linate-Reggio Calabria. E così al netto del treno e della macchina, l’unica soluzione è fare scalo altrove.
Ammesso che poi esista un modo via cielo per arrivarci a destinazione.
L’analisi
Sono almeno 26 i collegamenti diretti — da Fiumicino e dalla struttura cittadina del capoluogo lombardo — che verrebbero a mancare da un giorno all’altro se Alitalia dovesse fallire. Località nazionali, soprattutto, ma anche estere. A cui si potrebbero aggiungerne altre sei dove il vettore tricolore ha la stragrande maggioranza dei posti offerti. È quanto emerge da un’analisi del Corriere della Sera incrociando le programmazioni delle compagnie che operano nel nostro Paese e tenendo conto anche degli aeroporti alternativi (Malpensa, Bergamo-Orio al Serio, Roma Ciampino). Un esperimento questo, è bene precisarlo, per capire le eventuali ricadute concrete. E che mostra come sul lato europeo-intercontinentale l’impatto negativo sarebbe inferiore rispetto a quello domestico.
Le conseguenze
È un’analisi che neutralizza i problemi economici di Alitalia (evidenti, la liquidità della cassa si riduce di oltre 700 mila euro al giorno) e mostra la fotografia di un’Italia che finirebbe per essere a tratti disconnessa nello scenario peggiore. Almeno per i primi giorni. In alcuni casi per settimane.
Perché come ammettono quattro dirigenti di alcune delle più grandi low cost d’Europa — quelle che oggi hanno un’agilità maggiore nello spostare personale e flotta a seconda dei flussi — «il collasso di Alitalia sarebbe un’opportunità, ma anche un problema: non ci sono abbastanza aerei per rimpiazzare in fretta la domanda». E il fermo dei Boeing 737 Max (ordinati da Ryanair) complica eventuali piani di sostituzione. Tutti questi dirigenti — che hanno parlato col Corriere solo dietro garanzia dell’anonimato — rivelano di aver studiato da tempo l’ipotesi di un’Italia senza Alitalia.
Niente voli diretti
Ecco allora che chi vive e lavora a Roma, per esempio, non avrebbe nell’immediato un modo diretto per volare a Trapani o gli resterebbe soltanto la low cost Ryanair che offre la metà dei collegamenti per Palermo e Catania.
La Sardegna, poi, è di fatto coperta da Alitalia grazie anche al regime della continuità territoriale. C’è soltanto Alitalia anche per Napoli, Pisa, Firenze e Bologna. Città non così distanti dalla Capitale e che potrebbero essere raggiunte con i treni dell’Alta velocità. Ma se Roma non è la destinazione, ma un transito per il mondo o dal mondo, lo scenario è diverso. E poi ci sono le tratte dirette per Trieste, Venezia, Verona, Genova, Torino, Bergamo, Milano Linate, Lamezia Terme e Reggio Calabria che hanno solo Alitalia come compagnia aerea. Da Milano (considerando Linate, Malpensa, Bergamo), poi, c’è solo Alitalia per Perugia, Trieste, Reggio Calabria.
E chi vuole andare in Brasile? Da Roma non avrebbe più voli diretti. Così come non ci sarebbero voli diretti per Città del Messico.
Persone e merci
Gli stessi manager delle compagnie rivali raccontano come certi collegamenti oggi operati da Alitalia potrebbero sparire per sempre perché in perdita.
«Per le low cost che si concentrano sul mercato “punto a punto” e che non prevedono lo scalo questi non avrebbero senso», raccontano.
Voli che potrebbero avere un significato per Alitalia — che si muove sul corto-medio e lungo raggio — perché segmenti utili all’interno di una origine-destinazione più ampia (ad esempio Venezia-Roma-New York).
O perché ha un risvolto positivo sulla collettività spostando non solo le persone, ma anche le merci.
Fonte Corriere della Sera
Ecco cosa accadrebbe nei primi giorni se la compagnia dovesse fallire: niente voli tra Roma e il Nord-Est dell’Italia, stop ai collegamenti diretti con il Brasile.
È il 9 marzo 2020. Il giorno prima, una domenica, il governo si è arreso: per Alitalia non c’è alcuna speranza. La compagnia va chiusa. I dipendenti mandati a casa.
Gli aerei lasciati a terra. Quelli a noleggio restituiti ai proprietari. I passeggeri vanno riprotetti — se possibile — su altri vettori per voli diretti alternativi. Ma non può essere così per tutti. Su alcune tratte opera solo Alitalia. Come la Roma-Trieste. O la Roma-Trapani. O la Roma-Genova. O la Roma-Rio de Janeiro.
O la Milano Linate-Perugia. O la Milano Linate-Reggio Calabria. E così al netto del treno e della macchina, l’unica soluzione è fare scalo altrove.
Ammesso che poi esista un modo via cielo per arrivarci a destinazione.
L’analisi
Sono almeno 26 i collegamenti diretti — da Fiumicino e dalla struttura cittadina del capoluogo lombardo — che verrebbero a mancare da un giorno all’altro se Alitalia dovesse fallire. Località nazionali, soprattutto, ma anche estere. A cui si potrebbero aggiungerne altre sei dove il vettore tricolore ha la stragrande maggioranza dei posti offerti. È quanto emerge da un’analisi del Corriere della Sera incrociando le programmazioni delle compagnie che operano nel nostro Paese e tenendo conto anche degli aeroporti alternativi (Malpensa, Bergamo-Orio al Serio, Roma Ciampino). Un esperimento questo, è bene precisarlo, per capire le eventuali ricadute concrete. E che mostra come sul lato europeo-intercontinentale l’impatto negativo sarebbe inferiore rispetto a quello domestico.
Le conseguenze
È un’analisi che neutralizza i problemi economici di Alitalia (evidenti, la liquidità della cassa si riduce di oltre 700 mila euro al giorno) e mostra la fotografia di un’Italia che finirebbe per essere a tratti disconnessa nello scenario peggiore. Almeno per i primi giorni. In alcuni casi per settimane.
Perché come ammettono quattro dirigenti di alcune delle più grandi low cost d’Europa — quelle che oggi hanno un’agilità maggiore nello spostare personale e flotta a seconda dei flussi — «il collasso di Alitalia sarebbe un’opportunità, ma anche un problema: non ci sono abbastanza aerei per rimpiazzare in fretta la domanda». E il fermo dei Boeing 737 Max (ordinati da Ryanair) complica eventuali piani di sostituzione. Tutti questi dirigenti — che hanno parlato col Corriere solo dietro garanzia dell’anonimato — rivelano di aver studiato da tempo l’ipotesi di un’Italia senza Alitalia.
Niente voli diretti
Ecco allora che chi vive e lavora a Roma, per esempio, non avrebbe nell’immediato un modo diretto per volare a Trapani o gli resterebbe soltanto la low cost Ryanair che offre la metà dei collegamenti per Palermo e Catania.
La Sardegna, poi, è di fatto coperta da Alitalia grazie anche al regime della continuità territoriale. C’è soltanto Alitalia anche per Napoli, Pisa, Firenze e Bologna. Città non così distanti dalla Capitale e che potrebbero essere raggiunte con i treni dell’Alta velocità. Ma se Roma non è la destinazione, ma un transito per il mondo o dal mondo, lo scenario è diverso. E poi ci sono le tratte dirette per Trieste, Venezia, Verona, Genova, Torino, Bergamo, Milano Linate, Lamezia Terme e Reggio Calabria che hanno solo Alitalia come compagnia aerea. Da Milano (considerando Linate, Malpensa, Bergamo), poi, c’è solo Alitalia per Perugia, Trieste, Reggio Calabria.
E chi vuole andare in Brasile? Da Roma non avrebbe più voli diretti. Così come non ci sarebbero voli diretti per Città del Messico.
Persone e merci
Gli stessi manager delle compagnie rivali raccontano come certi collegamenti oggi operati da Alitalia potrebbero sparire per sempre perché in perdita.
«Per le low cost che si concentrano sul mercato “punto a punto” e che non prevedono lo scalo questi non avrebbero senso», raccontano.
Voli che potrebbero avere un significato per Alitalia — che si muove sul corto-medio e lungo raggio — perché segmenti utili all’interno di una origine-destinazione più ampia (ad esempio Venezia-Roma-New York).
O perché ha un risvolto positivo sulla collettività spostando non solo le persone, ma anche le merci.
Fonte Corriere della Sera